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«Racconti bresciani», un titolo che ha dell’evocativo. L’autrice, in quattro racconti, ricorda la sua città natia e gli anni della giovinezza. Lo fa con Gianni, amico storico, e con lui mette per iscritto, sotto forma romanzata, storie di giovinezza legate al costume e al substrato sociale di quegli anni, i Sessanta.
Sono racconti della piccola borghesia e della classe operaia, storie frizzanti come un ballo, simpatiche come la frizione miracolosa per i capelli, romantici come una Lambretta, intensi come la nebbia in Val Padana, conviviali come un cosciotto di agnello. Veramente bresciani, realmente vivi.