Emilio Bonomelli, schivo come ogni bresciano autentico, eppur sempre generoso, fidente nel lavoro qualsiasi connotazione assumesse, sperimentò molte attività. Giovanissimo, dopo esserne stato organizzatore, fu presidente dell’Associazione studenti secondari. Fondatore, nell’anno della laurea (1912) della “Giovane Rovato”, si dedicò poi al giornalismo e all’attività politica. Redattore de “Il cittadino”, il quotidiano cattolico di Brescia fondato dall’avv. Giorgio Montini, padre di Colui che sarebbe diventato Paolo VI, fu sindaco di Travagliato e, nel 1920, consigliere provinciale dove, avendo aderito l’anno prima al Partito Popolare, ne costituì la sezione così come quella di Saiano e di altri paesi.

Delegato al Congresso di Bologna, subiva un’aggressione da parte dei fascisti che aveva apertamente contrastato. Segretario provinciale dei “popolari” nel 1924, con tale incarico accentuò la sua opposizione al nascente regime e, nel 1926, fu costretto ad abbandonare l’Italia. Rifugiatosi in Francia, ospite di un fratello, avvertì nostalgia per il proprio paese e vi riapprodò nel 1929 avendo ricevuto da Pio XI l’incarico di sistemare la villa di Castelgandolfo ampliata con le proprietà dei principi Barberini.

L’esperimento si rivelò positivo così che lo stesso Pio XI nel 1932 lo elesse direttore delle Ville Pontificie.

Amico di De Gasperi e di altri politici avversari del fascismo, durante la guerra svolse ruolo attivissimo assistendo i perseguitati politici e accogliendo i profughi nelle aree extraterritoriali vaticane.

Anche Pio XII, Giovanni XXIII e, soprattutto, Paolo VI, che ne fece il tramite discreto della sua carità, lo onorarono della propria amicizia. Osservatore permanente della Santa Sede alla FAO, con De Gasperi ebbe un rapporto fraterno. Durante l’occupazione nazista, aveva avuto il coraggio di nascondere nella sua abitazione il futuro Presidente del Consiglio.

Garbo ed erudizione sono il binario su cui corre questo suo “I papi in campagna”, vivacissimo affresco sulla cui scena costante trascorrono tanti protagonisti. Lui stesso, autentico signore di campagna, vi si muoveva a proprio agio. Fors’anche perché quel lazial angolo di mondo assecondato dalla natura gli ricordava l’ambiente (e l’esperienze) della sua giovinezza, Rovato appunto, nel dispiegarsi dei colli e perché – come ricorda Vincenzo Cecchini – “Emilio Bonomelli, il saggio consigliere, il diplomatico del Vaticano era rimasto l’uomo dell’estrema resistenza di Brescia libera, tanti anni prima. Un gentiluomo di carattere, un uomo di coraggio.

Danilo Tamagnini

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