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«Alphonsine Plessis cambia nome, proponendosi nell’alta società con il nome
di Marie (come sua madre) e aggiungendo al cognome un du d’aspetto nobiliare,
Duplessis. Il suo incedere nei locali pubblici, dove si recava con il suo amante di
turno, la faceva scambiare per una patrizia e al palco di proscenio in prima fila
all’Opéra o al Vaudeville si rivolgevano tutti gli sguardi del pubblico femminile e
maschile: le donne per ammirare le sue toelette raffinate ed eleganti, impreziosite
da favolosi gioielli; gli uomini per apprezzare l’aura di femminilità che emanava
da quella figura sottile e da quel viso, che conservava espressioni di virginale
innocenza, al cui fascino era arduo sottrarsi. Marie della ricchezza, di cui poteva
disporre, importava soprattutto l’eleganza: voleva coprire il suo corpo con abiti
raffinati, ma non mai vistosi, perché riteneva che quelle vesti potessero proteggere
i segreti della sua anima, mentre le sue membra trasgredivano l’ordine morale.
Desiderava, e lo aveva desiderato fin dalla sua fanciullezza a Nonant, di incontrare
l’amore, un amore serio, a cui potesse affidarsi e con cui avrebbe realizzato
una vita serena; questa prospettiva si faceva sempre più invadente con il tempo,
perché il tempo segnava, ad ogni primavera, il progredire della sua tremenda
malattia, TBC.
Le feste, i balli, gli strapazzi e l’uso di champagne la distraevano da quel pensiero
incombente, mentre la stancavano, concedendole ore di sonno, altrimenti
irraggiungibili, soffrendo di insonnia. Durante le feste, dietro l’allegria spensierata,
nascondeva la voraginosa solitudine, che la sorprendeva, dopo gli attacchi
di tosse, che si facevano sempre più assillanti e violenti, provocandole espettorazioni
di sangue. Questo è il momento in cui Verdi incontra la sua eroina e la iscrive
in una di quelle feste, dove la simulazione di allegrezza diviene la divisa della
sua interiore solitudine. Ed è a questa cena che incontra quel ragazzo di provincia,
che da un anno la porta nel cuore e le promette eterno amore, purché lei si
accontenti di vivere con lui, che non può vantare una cospicua capacità finanziaria.
Davanti a questa annunciazione, la solitudine tenuta nascosta e simulata
si scatena, provocando in Marie un tempestoso titubare: accettare o rifiutare?
Io, una prostituta, posso amare? È il mio sogno, amare; posso abbandonarlo?».